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Sempre meno auto acquistate dagli italiani: ecco i motivi
Il mercato nel nostro Paese è crollato negli ultimi anni, complice il minor potere d’acquisto delle famiglie. Ma è solo quello il problema?
Il mercato automobilistico italiano ha subito un drastico ridimensionamento negli ultimi anni. Nel 2019 erano state immatricolate 1.916.320 auto, ma con l’arrivo della pandemia, l’inflazione e le difficoltà economiche, il dato è sceso a 1.560.000 unità nel 2023. Se confrontiamo questa cifra con le 2.500.000 auto del 2007, emerge una perdita di quasi 1 milione di veicoli.
Secondo il report dell’Unrae, il problema è legato al potere d’acquisto: mentre il reddito medio degli italiani è cresciuto solo del 22% dal 2011 al 2023, i prezzi delle abitazioni e delle utenze sono saliti del 63% e quelli delle autovetture del 58%, rendendo l’auto una spesa sempre meno accessibile. Ma davvero è solo quello il problema che frena le nuove immatricolazioni?
Scelte obbligate: la priorità ai beni essenziali
I numeri confermano una realtà evidente: in un contesto in cui i prezzi crescono più rapidamente degli stipendi, gli italiani sono costretti a rivedere le proprie priorità di spesa. Se le spese per la casa, le utenze e i generi alimentari non sono evitabili, l’acquisto di un’automobile viene spesso rimandato e affrontato solo quando strettamente necessario.
Lo scarto del 3% tra il reddito medio e l’andamento dei prezzi Istat sottolinea come il costo della vita continui ad aumentare, spingendo molte famiglie a tenere l’auto fuori dalla lista delle spese prioritarie.
Un parco auto sempre più vecchio e problematico
Questa situazione ha portato a un invecchiamento progressivo del parco auto circolante in Italia. L’età media delle vetture è passata da 7,9 anni nel 2009 a 12,8 anni nel 2023, un dato nettamente superiore rispetto al resto d’Europa. Oltre la metà delle auto in circolazione (il 58%) ha più di 10 anni, con un ritmo di sostituzione totale del parco auto che supera i 26 anni.
Questo comporta due conseguenze principali: un aumento dell’inquinamento, con il 22,4% delle auto ancora al di sotto dello standard Euro 4, e una minore sicurezza, poiché le auto più vecchie mancano delle moderne tecnologie di protezione. Un circolo vizioso che richiede interventi strutturali per rinnovare il parco auto italiano.
Prezzi esagerati e politiche sbagliate
Se però il problema, ambientale e di sicurezza, è rappresentato dalla vetustà delle auto degli italiani e dal basso potere d’acquisto delle famiglie, bisogna anche dire che nè le case costruttrici, nè la politica (soprattutto dell’UE) hanno fatto nulla per agevolare una ripresa del mercato del nuovo. Innanzitutto, le case automobilistiche hanno spinto verso l’alto in maniera illogica i listini di tutte le auto, cercando di colmare (ma alzando l’asticella) il divario di prezzo tra auto termiche ed auto elettriche: il risultato però, non è stato quello atteso. Invece di spingere verso l’alto le immatricolazioni di vetture a batteria, ha fatto precipitare le vendite di tutti i veicoli.
E poi, l’Europa. Nel bel mezzo della crisi politica ed energetica innescata dalla guerra in Ucraina, imprimere una svolta green mettendo una scadenza alle auto diesel e benzina non è stato nè saggio, nè logico. Ha solo seminato ulteriori dubbi tra i consumatori, preoccupati di ritrovarsi con un bene (l’auto diesel o benzina) il cui valore rischia di crollare, ma consapevoli di non avere le risorse economiche, nè le possibilità logistiche per comprare un’auto elettrica. La soluzione più comune, in un periodo di incertezza come questo, è stata quella di aspettare e tirare avanti con l’auto già di proprietà, nuova o vecchia che sia, in attesa di tempi migliori.
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