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Auto elettrica farà perdere 60 mila posti di lavoro? I sindacati lanciano l’allarme
L’auto elettrica comporterà la perdita di posti di lavoro? I sindacati italiani rilanciano l’allarme e chiedono all’esecutivo un’intervento.
L’auto elettrica farà perdere tantissimi posti di lavoro? Dopo il polverone sollevato dal CEO del Volkswagen Group a settembre, ora i sindacati italiani rilanciano l’allarme, coesi nel denunciare, in coro con le associazioni imprenditoriali del settore, i rischi di una transizione non inserita all’interno di un più ampio piano nazionale.
A quantificare l’entità del potenziale danno sono stati in particolare Ferdinando Uliano e Stefano Boschi, rispettivamente segretario e coordinatore nazionale automotive della Fim Cisl, secondo cui “in Italia il già previsto cambio delle motorizzazioni mette a rischio oltre 60 mila posti di lavoro”.
Una stima ripresa poi da un illustre quotidiano, assieme all’elenco di multinazionali della componentistica nella nostra penisola (Bosch, Denso e Vitesco, tra le altre) che, afferma l’organizzazione, “in queste settimane decideranno il destino dei loro stabilimenti, valutando presso quali fabbriche in Europa investire con produzioni alternative”. Il ministero dello Sviluppo Economico è quindi esortato a definire “le condizioni e le convenienze” cosicché le loro decisioni cadano sugli impianti produttivi già esistenti nel nostro Paese. Un sistema d’incentivi, insomma, che riguardi anche le imprese, e non più soltanto i consumatori.
L’appello al Governo
Sindacati e associazioni imprenditoriali, a cominciare dall’Unrae e dall’Anfia, uniscono le forze nel sollecitare l’esecutivo a interessarsi della questione, onde evitare di assistere a drammatiche conseguenze in termini occupazionali. Servono azioni concrete, ad esempio – sostiene la FIM Cisl – l’istituzione di “un fondo per sostenere la trasformazione dell’industria automobilistica, come hanno fatto altri Paesi europei e accompagnando il processo di trasformazione e d’innovazione del settore sulla strada della digitalizzazione, del cambio delle motorizzazioni, della produzione di batterie e di semiconduttori, di tecnologie dell’idrogeno e della catena del valore dell’economia circolare, finanziando contemporaneamente la modernizzazione dell’organizzazione del lavoro anche nelle piccole e medie imprese”.
Prendendo a riferimento le crisi industriali di GKN e Gianetti Ruote, la Fiom evidenzia come l’assenza di una strategia ben delineata e la mancanza di forniture stanno avendo impatti sui salari e determinando incertezza per il futuro della forza lavoro di compagnie quali Marelli e Stellantis.
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