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La Cassazione “boccia” il nuovo Codice della Strada: tutto da rifare?
Una sentenza recente riporta l’attenzione sulle nuove norme entrate in vigore il 14 dicembre scorso. Ci sono difficoltà di applicazione pratica.
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha riportato l’attenzione su un nodo giuridico controverso legato alla guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti. La sentenza, la numero 2020/2025, ha sollevato dubbi sulle attuali disposizioni del Codice della Strada, mettendo in evidenza possibili contraddizioni normative e difficoltà di applicazione pratica. Il caso esaminato riguarda un automobilista che ha contestato la fondatezza delle prove a suo carico, aprendo un dibattito su quali elementi possano realmente provare l’incapacità di guida derivante dall’assunzione di droghe.
Le contraddizioni dell’articolo 187
L’attenzione della Cassazione si è concentrata sull’articolo 187, da tempo oggetto di critiche da parte di giuristi ed esperti. Il nodo centrale è l’equiparazione tra sostanze stupefacenti e alcuni farmaci da banco, che, secondo l’interpretazione attuale, potrebbero risultare “proibiti” alla guida.
Nel caso specifico, il ricorrente ha sostenuto che i giudici di merito avessero basato la condanna su test tossicologici che attestavano solo un’assunzione pregressa, senza dimostrare un’effettiva compromissione psicofisica al momento della guida. Inoltre, la difesa ha contestato l’attendibilità delle annotazioni delle forze dell’ordine, ritenendole insufficienti a provare lo stato di alterazione.
Un ulteriore punto critico riguarda la motivazione della sentenza di condanna, che presentava un’apparente incongruenza: da un lato si affermava la sussistenza dello stato di alterazione, dall’altro si attribuiva la mancata obbedienza all’alt dei carabinieri non a un’incapacità di controllo, ma alla consapevolezza dell’assunzione pregressa di droghe.
Il principio stabilito dalla Cassazione
La Corte di Cassazione ha ribadito un principio essenziale: non basta dimostrare l’assunzione di sostanze stupefacenti, ma è necessario provare che queste abbiano effettivamente alterato le capacità di guida. Perché si configuri una responsabilità penale, non è sufficiente riscontrare tracce di droga nell’organismo, ma occorre dimostrare con elementi concreti la compromissione dei riflessi e dell’attenzione.
A tal fine, la sentenza sottolinea l’importanza di riscontri oggettivi: test tossicologici dettagliati, ma anche osservazioni comportamentali del conducente al momento del controllo. Solo la combinazione di questi elementi può giustificare una condanna. Un altro aspetto chiave riguarda l’aggravante in caso di incidente: affinché questa venga applicata, deve essere provato che lo stato alterato abbia effettivamente contribuito alla dinamica del sinistro, e non solo che il conducente avesse assunto sostanze in precedenza.
Questa interpretazione mira a evitare condanne automatiche basate esclusivamente su dati tossicologici, evidenziando la necessità di riforme normative che garantiscano una maggiore chiarezza nell’applicazione della legge.
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