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Incentivi auto, scattano le proteste dei concessionari: critiche a non finire sulla mossa del Governo

Una categoria importante dell’automobilismo si oppone agli incentivi. Secondo loro, è una pessima idea.
Scoppiano le proteste tra i concessionari auto in Italia a seguito dell’introduzione dei nuovi incentivi auto decisi dal Governo per favorire il mercato delle vetture elettriche. Queste misure, pensate per accelerare la transizione verso una mobilità più sostenibile, stanno però dividendo il settore e suscitando forti critiche, soprattutto da parte degli operatori che lamentano un impatto limitato e distorsioni del mercato.
Il mercato automobilistico italiano sta attraversando una fase di grande difficoltà, aggravata dal periodo post-pandemico e da scelte politiche che, secondo i concessionari, non rispondono alle reali esigenze dei consumatori. Massimo Artusi, presidente di Federauto, ha espresso un netto dissenso durante un incontro a Milano, sostenendo che gli incentivi finiscono per “alterare il mercato” e non migliorare realmente le vendite.
“Gli incentivi creano attesa tra i consumatori e discontinuità per i concessionari e le Case automobilistiche, con picchi e vuoti nella produzione”, ha spiegato Artusi. Inoltre, i vincoli imposti per accedere agli incentivi – come la soglia ISEE, la necessità di rottamare un veicolo vecchio, la residenza nelle cosiddette aree urbane funzionali e l’Eco-score ispirato al modello francese – risultano troppo restrittivi e penalizzano una parte consistente della popolazione.
Dal punto di vista delle previsioni, questi incentivi non sembrano invertire la tendenza attuale: la quota di mercato delle auto elettriche dovrebbe passare dal 5% attuale a poco più del 6%, un aumento marginale che lascia inalterato il parco circolante, composto da quasi 41 milioni di veicoli.
I limiti territoriali e sociali degli incentivi auto
Un nodo centrale della polemica riguarda le limitazioni geografiche degli incentivi. Le agevolazioni sono infatti riservate esclusivamente ai residenti nelle aree urbane funzionali zone metropolitane individuate dall’ISTAT che comprendono 83 aree, di cui 75 sono comuni capoluogo. In pratica, chi vive fuori da queste aree, spesso in piccoli comuni o zone rurali, non potrà accedere agli sconti fino a 11.000 euro previsti per l’acquisto di un’auto elettrica entro il 30 giugno 2026.
Questa scelta ha sollevato critiche anche da parte del Codacons, che ha definito l’iniziativa “discriminatoria” perché esclude circa 26 milioni di cittadini italiani, aggravando il divario tra aree urbane e territori meno popolati. Il rischio concreto è che si crei un gap sociale e territoriale, dove nelle zone meno popolate il rinnovo del parco auto diventi un’impresa quasi impossibile.
Senza dimenticare che, anche al di là dei limiti territoriali, la soglia ISEE e le condizioni richieste per la rottamazione lasciano fuori un numero significativo di famiglie, molte delle quali già in difficoltà economiche. La conseguenza è che una larga fetta di italiani continuerà a utilizzare veicoli obsoleti e inquinanti, rallentando la tanto auspicata transizione ecologica.

Contro gli incentivi: la ragione… – www.Mondo-Motori.it
Il mercato auto italiano si trova così in una situazione di stallo: da un lato gli incentivi non riescono a stimolare una domanda significativa di veicoli elettrici, dall’altro le restrizioni e condizioni applicate generano aspettative disattese e un effetto boomerang per i concessionari.
Artusi ha sottolineato che, anche ipotizzando un utilizzo completo dei fondi stanziati, pari a 597 milioni di euro, il risultato sarebbe la sostituzione di appena 38mila vetture, una cifra esigua rispetto all’enorme parco circolante nazionale. Per i concessionari, questo scenario significa continuare a confrontarsi con bilanci in perdita e con una domanda stagnante o in calo.
Inoltre, l’approssimarsi della scadenza fissata dalla Commissione europea al 2035, che vedrà il divieto di vendita delle auto con motori tradizionali, non sembra spingere al rinnovo immediato del parco auto. Molti italiani preferiranno infatti mantenere i propri veicoli termici fino all’ultimo, complicando ulteriormente la situazione dei dealer e rallentando gli obiettivi di decarbonizzazione.
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