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Giappone: produzione auto ai minimi storici da quasi mezzo secolo
La produzione delle auto in Giappone ha toccato nel 2021 il minimo storico da 45 anni. È quanto emerge dal report di Jama.
L’industria dell’auto non naviga in buone acque manco in Asia, per l’esattezza in Giappone. Come riportano gli ultimi dati, la produzione domestica di vetture nella terra del Sol Levante è scesa al minimo storico in 45 anni. Dietro un risultato tanto insoddisfacente i problemi che stanno investendo il settore in ogni angolo del pianeta: la pandemia da Covid-19 (causa dei rallentamenti sulle catene di montaggio) e la carenza di microchip. Soprattutto questo secondo aspetto rischia seriamente di continuare ad avere un effetto deleterio lungo l’intero 2022.
In base alle rilevazioni effettuate da Jama (l’associazione manifatturiera dei costruttori auto nipponici) – che raggruppa le prime 8 Case dello Stato – l’output è calato del 2,7 per cento nel 2021, a 7,85 milioni di vetture. La tendenza negativa va avanti da tre anni e desta più di qualche preoccupazione, specialmente se raffrontata agli Anni Novanta, un periodo d’oro per l’industria nazionale con 13,49 milioni di veicoli realizzati nel corso del decennio.
Molto complicato mantenere le stesse garanzie di occupazione
Secondo gli analisti sarà molto complicato per le aziende automotive del Giappone mantenere le stesse garanzie di occupazione e la funzionalità degli impianti con gli attuali livelli di fabbricazione. L’output domestico si è mantenuto sempre sopra la soglia dei 10 milioni a cavallo tra il 1980 e il 2008.
Poi, ha avuto luogo un ridimensionamento a 7,9 milioni di unità nel 2009, con la graduale fase di apprezzamento dello yen che ha indotto parecchie compagnie ad aprire nuovi stabilimenti all’estero, riducendo progressivamente la presenza in territorio locale. Stando all’indagine della Jama, la produzione oltre confine ha registrato un incremento per il terzo anno di fila, assestandosi a 16,46 milioni di unità nel 2021, per un più 7,1 per cento in dodici mesi, trainata dalla domanda negli USA e in altri mercati secondari.
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