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Guerra in Medio Oriente: che effetti avrà su benzina e diesel?
Nel tumultuoso scenario del Medio Oriente, il recente conflitto tra Hamas ed Israele potrebbe portare a ripercussioni economiche e geopolitiche su scala mondiale.
Il recente conflitto in Medio Oriente, che vede protagonisti Hamas ed Israele, risveglia timori antichi nel settore energetico globale, suscitando interrogativi e preoccupazioni riguardo le implicazioni economiche e geopolitiche a livello mondiale.
Il fantasma del 1973 e l’impatto sui mercati energetici
L’eco della crisi petrolifera del 1973, innescata durante la guerra del Kippur, permane ancora oggi nei timori degli osservatori internazionali. Allora, un’improvvisa restrizione dell’offerta e un conseguente picco dei prezzi del petrolio avevano sconvolto l’economia globale, provocando recessione e inflazione in numerose nazioni.
Il contesto odierno, segnato da nuove tensioni in Medio Oriente, riporta al centro della scena tematiche legate alla stabilità dei mercati energetici. Nonostante la risonanza storica, Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, offre uno spettro analitico diverso rispetto ai drammatici eventi del passato, in parte grazie a una posizione differente dell’Arabia Saudita, più filoccidentale e amichevole nei confronti di Israele.
Il ruolo dell’Arabia Saudita rispetto al 1973
A differenza del 1973, l’Arabia Saudita oggi si posiziona in modo sostanzialmente differente sul tabellone geopolitico. La sua postura più filoccidentale e incline ad atteggiamenti concilianti nei confronti di Israele rappresenta un elemento chiave nella valutazione dell’impact su mercati e politiche energetiche.
Nonostante l’aumento dei prezzi del petrolio e del gas, scatenato da recenti attacchi di Hamas, i mercati hanno dimostrato una sorprendente stabilità, evitando (almeno per il momento) la spirale caotica di cui furono vittima negli anni ’70. Il Brent ha mantenuto una soglia inferiore agli 85 dollari al barile, un segnale positivo che, tuttavia, non va interpretato con eccessiva leggerezza.
Rialzi e preoccupazioni future
Lo scenario, malgrado la stabilità attuale, non è immune da possibili scossoni. Infatti, secondo Tabarelli, le recenti decisioni di taglio della produzione da parte di colossi energetici come Arabia Saudita e Russia potrebbero portare a un innalzamento dei prezzi del greggio. Rialzi che secondo Nonisma potrebbero toccare i 100 dollari al barile e un conseguente aumento del prezzo della benzina, che potrebbe nuovamente sfiorare i 2 euro.
Inoltre, la regione mediorientale è un crocevia di interessi, alleanze e antagonismi che rende particolarmente difficile prevedere l’evoluzione degli scenari bellici e i loro effetti su scala globale. “Incrociare le dita” diventa, allora, non solo un auspicio, ma un monito a non sottovalutare la complessità degli equilibri mondiali, specie quando, sullo sfondo, aleggia l’ombra delle crisi passate.
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