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Automotive italiano: il settore dalla più alta crescita
Dal report Analisi dei settori industriali emerge che l’automotive italiano è il settore dalla maggiore crescita in assoluto.
Tante sfide attendono l’automotive italiano nei prossimi anni, tra la transizione ecologica imposta dall’Unione Europea e l’avanzata cinese. Al momento, però, i segnali sono positivi, come indica il report Analisi dei settori industriali, a cura di Prometeia e Intesa San Paolo. Dai dati comunicati, il comparto delle due e delle quattro ruote è quello dal maggiore tasso di crescita.
“Fra i settori più dinamici nel 2023-27 per fatturato deflazionato, troviamo i settori chiave per l’upgrading in chiave digitale e green: Autoveicoli e moto (con una crescita media annua del 2,8% nel 2023-27), Elettronica (+2,5%), Elettrotecnica (+2,2%) e Meccanica (+1,6%)”, recita la documentazione.
“La fase di rallentamento dell’attività produttiva sopraggiunta nella seconda metà dello scorso anno, in concomitanza con la crisi energetica, non ha impedito al manifatturiero di archiviare il 2022 con un aumento del 2,6% dei livelli di attività e del 15,2% del fatturato a prezzi correnti, che ha superato i 1.160 miliardi di euro, sostenuto da una crescita dei prezzi del 12,3% in media d’anno”.
L’inflazione avrà un impatto negativo sui consumi dei beni durevoli, mentre il comparto dell’automotive italiano si trova in una fase di ripresa rispetto ai minimi degli ultimi anni. In termini assoluti, determinante “sarà il contributo dell’export, che nel 2023, per la prima volta, supererà la soglia del 50% sul totale del fatturato. Grazie alla buona capacità dell’industria italiana di servire nicchie a elevato valore aggiunto, l’avanzo commerciale continuerà a crescere verso un nuovo record, superando i 110 miliardi di euro nel 2027″.
“Gli investimenti – prosegue lo studio – continueranno a rappresentare il principale volano della crescita sia quelli pubblici attivati dal PNRR sia quelli privati, indispensabili per proseguire nel processo di rafforzamento competitivo. Anche negli ultimi anni, tutt’altro che facili per l’industria italiana, si è assistito a una significativa crescita degli acquisti di macchinari avanzati e degli investimenti digitali (ICT e immateriali, che a fine 2022 risultavano del 7,8% superiori al livello pre-Covid, pari al 19,2% sul totale degli investimenti), testimoniando la grande attenzione delle imprese al progresso tecnologico, in chiave digitale, ambientale e di efficienza nell’uso delle risorse”.
Non è un Paese per giovani
In relazione all’elevata età media della forza lavoro, per gli autori dell’analisi “se ci si proietta in un orizzonte di medio termine, questo fenomeno potrebbe incidere in maniera significativa sulla capacità delle imprese di realizzare un corretto passaggio di competenze, a fronte di un processo di transizione digitale e ambientale che, tra l’altro, impone di accelerare sulla formazione ICT e nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics, ndr.), dove l’Italia ha ancora notevoli lacune da colmare con i concorrenti europei”.
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