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Barrichello: “Se ci fosse stata libertà, avrei potuto battere Schumi”
Rubens Barrichello crede che avrebbe potuto anche battere Michael Schumacher, se solo gliene avessero dato la possibilità.
In Formula 1 la divisione tra prima e seconda guida è qualcosa che esiste da sempre e ancora oggi la maggior parte delle scuderie (per non dire la totalità) ha delle precise gerarchie a cui i piloti devono sottostare. Un esempio recente lo abbiamo avuto al Gran Premio di Spagna, quando la Red Bull ha ordinato in più occasioni a Sergio Perez di lasciar passare Max Verstappen. Se riavvolgiamo il nastro, a inizio secolo la stessa funzione era stata svolta da Rubens Barrichello in Ferrari.
Il brasiliano ha dato tanto alla causa della Rossa, conquistando cinque titoli costruttori con il Cavallino e contribuendo ad altrettanti campionati piloti vinti da Michael Schumacher. Al nativo di San Paolo i piani alti non hanno però mai dato il permesso di sfidare apertamente il dominio del tedesco. La filosofia dell’allora numero uno Jean Todt era chiara: si punta su un solo uomo.
Leadership interna mai messa in discussione
Eppure, in occasione del suo 50esimo compleanno, lo stesso Rubens Barrichello ha rivendicato un ruolo importante. “Quanto c’era di mio nei successi di Schumacher? Lo si deve chiedere a chi lavorava con me. Però è vero che nei test di gomme, dal 2000 diedi una svolta. Sentivo se la gomma si ‘muoveva’, le differenza tra quella più morbida e quella più dura”, ha raccontato il brasiliano alla Gazzetta dello Sport.
Il rimpianto di Rubinho è di non aver mai avuto la possibilità di contendere la leadership interna al Kaiser: “Se ci fosse stata libertà, lo avrei potuto battere. Intendiamoci: era più forte di me – ha riconosciuto – ma non sapremo mai davvero quanto. L’ordine di Zeltweg 2002? Lo ricordo, ma non con astio perché anche le cose brutte mi hanno insegnato tanto, arrivo a 50 anni felice”.
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