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Volkswagen, arriva la clamorosa decisione con la Cina
Dopo la decisione di aprire fabbriche per la produzione di auto elettriche in Turchia e in Ungheria, i cinesi puntano agli stabilimenti tedeschi.
Le fabbriche tedesche della Volkswagen destinate alla chiusura, come previsto dall’accordo tra il gruppo automobilistico e i sindacati tedeschi, sono finite nel mirino dei costruttori cinesi. Si tratta degli stabilimenti di Dresda, che attualmente impiega 340 lavoratori per la produzione dell’elettrica ID.3 fino al 2025, e di Osnabrück, dove 2.300 dipendenti assemblano la T-Roc Cabrio, la cui produzione cesserà nel 2027.
Il gruppo di Wolfsburg si è detto disponibile a valutare l’ingresso di investitori cinesi per garantire la continuità produttiva dei siti, un’opzione che frutterebbe tra i 100 e i 300 milioni di euro. Questa strategia consentirebbe ai costruttori asiatici di entrare nel mercato europeo aggirando i dazi sulle auto elettriche importate dalla Cina, ma dovrebbe fare i conti con la posizione del governo tedesco e le decisioni sindacali.
Un’opportunità senza precedenti per i marchi cinesi
L’eventuale acquisizione rappresenterebbe una svolta per i produttori cinesi, che finora hanno preferito costruire impianti ex novo, come nel caso di BYD in Ungheria e Turchia. Per Volkswagen, una soluzione ideale potrebbe essere collaborare con partner cinesi già presenti in joint venture, garantendo comunque la produzione di veicoli sotto il proprio logo e i propri standard qualitativi.
Secondo Stephan Soldanski, rappresentante sindacale dello stabilimento di Osnabrück, i lavoratori non avrebbero obiezioni a questa opzione, purché gli interessi occupazionali siano tutelati. Tuttavia, restano sul tavolo alternative come il riutilizzo degli impianti per scopi diversi dalla produzione automobilistica, con la decisione finale che sarà influenzata anche dal futuro governo tedesco che uscirà dalle urne del 23 febbraio e dalle relative politiche verso la Cina.
Gli ostacoli e le prospettive di investimento
L’ingresso dei costruttori cinesi nel tessuto industriale tedesco non è privo di ostacoli. Oltre al consenso del governo di Berlino, è necessaria l’approvazione delle autorità di Pechino, che potrebbero sfruttare l’operazione come leva nelle tensioni sui dazi con l’Unione Europea. Inoltre, la resistenza dei sindacati tedeschi, potenti all’interno dei consigli di sorveglianza delle aziende, potrebbe complicare l’accordo.
Nonostante le sfide, i marchi cinesi stanno da tempo sondando il terreno in Europa. Si parla di interesse per siti come lo stabilimento Ford di Saarlouis e quello Audi di Bruxelles, mentre Chery deciderà presto dove localizzare un impianto produttivo nel Vecchio Continente. Se il progetto andasse in porto, segnerebbe un punto di svolta, consolidando l’influenza della Cina in Europa, che già ha messo piede in Turchia e in Ungheria, e modificando il panorama della produzione automobilistica globale.
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