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Dazi Trump: le case auto americane tremano, ma non Tesla

I nuovi dazi USA previsti dal 3 maggio 2025 agitano l’industria: Tesla si dice pronta, ma per molte case il rischio di un collasso commerciale è reale.
La questione dei nuovi dazi voluti da Trump continua a scuotere il mercato automobilistico americano. A meno di una settimana dall’entrata in vigore dei rincari doganali, fissata per il 3 maggio 2025, molte aziende temono un disastro economico. L’obiettivo della Casa Bianca è chiaro: accelerare la creazione di una filiera produttiva nazionale per l’automotive, un processo iniziato già con l’Inflation Reduction Act voluto da Biden. Tuttavia, la rapidità dell’attuazione rischia di mettere in ginocchio un settore che, al momento, non dispone né delle infrastrutture né della catena di fornitura necessarie per reggere l’urto.
Tesla si dichiara pronta, ma la sfida resta difficile
Secondo un’analisi di IDTechEx, su 54 modelli elettrici e ibridi plug-in venduti negli USA nel 2024, ben 37 utilizzano componenti provenienti per oltre la metà da Paesi extra-North America. Addirittura, 14 modelli non contengono alcun pezzo americano o canadese. La minaccia si estende anche alla possibilità di ritorsioni commerciali da parte della Cina.
Nel panorama di preoccupazione generale, Tesla appare come una voce fuori dal coro. Durante la presentazione degli utili del primo trimestre 2025, Elon Musk ha dichiarato che il suo marchio è pronto ad affrontare i nuovi dazi. Da anni, infatti, Tesla lavora per rendere più “domestica” la sua supply chain. Tuttavia, una parte significativa delle forniture proviene da Messico e Canada, paesi anch’essi soggetti ai nuovi dazi dal 3 maggio.
Gli analisti ritengono che i buoni rapporti di Musk con Trump potrebbero dare a Tesla un vantaggio competitivo, ma il rischio di contraccolpi è reale anche per l’azienda californiana.
Chi rischia di più tra i costruttori
Tra i costruttori più esposti ci sono Mazda, Subaru e General Motors.
- Mazda ha venduto nel 2024 circa 343.000 auto negli USA su un totale di 1,28 milioni a livello globale.
- Subaru ha visto il 71% delle proprie vendite mondiali realizzarsi nel mercato statunitense, pur producendo parte della gamma in Indiana.
- Anche General Motors dipende fortemente dagli USA, che rappresentano il 18% delle sue vendite globali.
Viceversa, Volkswagen Group, Honda, BMW e Mercedes-Benz risultano meno vulnerabili: per loro, il mercato statunitense incide tra il 7% e il 10% delle vendite complessive.
Secondo l’analista Juan Felipe Munoz, molti marchi – tra cui Volvo, Hyundai-Kia, Mercedes, BMW, Stellantis, Toyota, Nissan, Subaru e General Motors – saranno costretti ad aumentare la capacità produttiva negli USA per mantenere una presenza competitiva.

I numeri parlano chiaro:
- Nel 2024, General Motors, Ford e Stellantis hanno importato circa 1,85 milioni di veicoli negli Stati Uniti, pari al 13% delle loro vendite globali.
- I tre principali marchi giapponesi (Toyota, Honda, Nissan) hanno importato negli USA circa il 9% delle loro vendite totali.
- Per il Gruppo Volkswagen, BMW e Mercedes-Benz, il peso delle vendite americane si ferma attorno al 7%.
Il futuro si preannuncia dunque complesso per l’intera industria automobilistica, in un contesto globale segnato da protezionismo, tensioni commerciali e transizione energetica.
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