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Auto elettriche economiche: Von der Leyen svela il piano dell’Europa

Propone una nuova strategia per rilanciare l’auto elettrica: deve essere ecologica, economica e costruita in Europa. Intanto l’Italia resta fanalino di coda.
Nel pieno delle incertezze sul futuro dell’automotive, Ursula von der Leyen rilancia l’impegno dell’Unione Europea verso la mobilità elettrica. Durante un intervento ufficiale, la presidente della Commissione Europea ha ribadito che “qualunque cosa accada, il futuro è elettrico e l’Europa ne farà parte”. Un messaggio chiaro, che si contrappone a chi propone rallentamenti o marce indietro rispetto agli obiettivi ambientali. Secondo Von der Leyen, le auto del futuro devono essere progettate e prodotte in Europa, rafforzando le filiere continentali e riducendo la dipendenza da Paesi come la Cina.
Per centrare l’obiettivo, la Commissione è pronta a lanciare la Small Affordable Cars Initiative, un piano per favorire la produzione di auto elettriche leggere, efficienti e accessibili, un concetto sintetizzato dalla lettera “E”, che per Von der Leyen significa Ecologica, Economica, Europea.
Incentivi o facilitazioni? Il dibattito è aperto
Le proposte della Commissione trovano eco nelle posizioni già espresse da importanti attori del settore. Jean-Philippe Imparato, numero uno di Stellantis Europa, ha dichiarato al Salone di Monaco che servono facilitazioni strutturali, non incentivi a pioggia, per rendere davvero sostenibile la produzione di piccole auto elettriche in Europa. Il tema sarà al centro del Dialogo Strategico Ue sull’auto previsto per il 12 settembre.
Nel frattempo, Von der Leyen ha rivendicato l’approccio flessibile adottato per il raggiungimento degli obiettivi 2025, annunciando che una revisione della strategia 2035 è in corso, pur nel rispetto della neutralità tecnologica. Tuttavia, oltre 150 aziende europee del settore hanno inviato una lettera alla Commissione per chiedere di non rivedere gli obiettivi sullo stop ai motori termici: “Abbiamo investito miliardi e creato decine di migliaia di posti di lavoro. Tornare indietro comprometterebbe la fiducia degli investitori e favorirebbe i concorrenti globali”, si legge nel documento.
In realtà, però, non sono stati creati, ma persi posti di lavoro: in soli sei mesi, nel 2024, sono stati oltre 80.000 i licenziamenti in Europa nel settore automotive, il peggior dato dal 2008. Solo in Germania, circa 50.000 persone hanno perso il posto di lavoro nel corso dell’anno scorso. Dati catastrofici che testimoniano il fallimento del Green Deal per l’industria automobilistica europea e che dovrebbero servire da monito per cambiare rotta drasticamente, prima di provocare un disastro irreparabile. Ma, evidentemente, nella campana di vetro delle istituzioni europee, i dati della vita reale non arrivano.

Italia in ritardo su elettrico e infrastrutture
Mentre a Bruxelles si discute il futuro dell’auto, in Italia la realtà è ben più complicata. Secondo i dati pubblicati nella XXV edizione del Book Unrae, nel 2024 le immatricolazioni di auto elettriche sono state solo 65.626 unità, appena il 4,2% del totale. Le plug-in hybrid fanno anche peggio, con una quota del 3,4%. La media europea è lontanissima, e persino Paesi come la Spagna (11,4%) hanno superato l’Italia, mentre Regno Unito (28,2%), Francia (25,4%) e Germania (20,3%) si confermano capofila. E comunque si tratta di dati che riguardano auto non solo elettriche, ma anche ibride plug-in o full, che comunque rientrerebbero nei previsti blocchi ai motori termici. Anche i Paesi più avanzati nella transizione Green sono distanti anni luce dagli obiettivi fantasiosi immaginati dai tecnocrati di Bruxelles.
A frenare la transizione non è tanto il reddito medio, quanto una rete di ricarica inadeguata, incentivi mal strutturati e incertezza normativa. Nonostante i 54.000 punti di ricarica installati, l’Italia resta indietro con solo 11 colonnine ogni 100 km, contro una media europea di 16,4. Il confronto con l’Olanda, che ne ha 125 ogni 100 km, è impietoso. Peggio ancora, i bandi finanziati dal PNRR per le colonnine sono andati deserti, costringendo il Governo a dirottare i fondi sugli incentivi per l’acquisto, ma limitandoli a una minoranza di residenti.
La corsa dell’Europa verso l’auto elettrica è dunque tutt’altro che lineare. Il piano di Von der Leyen offre una visione chiara, ma altrettanto chiara sembra la direzione fallimentare a cui questo piano sta dirigendo l’industria automobilistica europea. Un suicidio di portata continentale di cui gli unici a beneficiare saranno i produttori cinesi.
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