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Italia protagonista nella corsa al litio
L’Italia è protagonista nella corsa al litio. I giacimenti nella nostra penisola hanno attirato anche l’interesse di multinazionali.
Mai come in questo preciso momento storico l’Europa presta attenzione alle potenzialità territoriali circa la presenza del litio. La risorsa, determinate per le prospettive elettrificate di vari comparti, compreso quello automobilistico, deve in qualche modo essere recuperata, nel rispetto dell’ecosistema, a caccia di un equilibrio in grado di favorire il rallentamento del cambiamento climatico. Lungo la nostra penisola sono peraltro individuabili dei ‘filoni’ di litio: Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Sardegna e Sicilia sarebbero le regioni ove, previa autorizzazione, le aziende del settore hanno la facoltà di intervenire.
Stando alle rilevazioni dell’European Geothermal Energy Council, lo Stivale è in grado di far fronte ad almeno un quarto del fabbisogno di litio al 2030 disciolto nell’acqua delle salamoie geotermiche del Vecchio Continente. Ecco perché la società tedesco-australiana Vulcan Energy si sarebbe già attivata per consolidare e rafforzare la sua presenza nel Belpaese. All’inizio del 2022 la relativa controllata italiana si è accaparrata un primo nulla osta per cercare il litio nelle salamoie di Cesano, nei pressi del lago di Bracciano. Invece, la Enel ha messo nel mirino la Toscana, più precisamente Lardarello: lì il litio sarebbe ‘incastonato’ nel granito.
Il cuore del dibattito
Secondo quanto riporta il Resto del Carlino, Francis Wedin, fondatore e amministratore delegato di Vulcan Energy, ha annunciato: “Dopo un’ampia revisione geologica abbiamo identificato un’area in Italia con indicazioni positive di portata, grado storico di litio e temperatura del serbatoio geotermico, che potrebbe essere favorevole al metodo Vulcan di utilizzare il calore rinnovabile per estrarre litio per il mercato europeo dei veicoli elettrici”.
Al solito, il dibattito finale avverrà tra ambientalisti e interventisti. La situazione geopolitica supporta la tesi dei secondi, sicché la materia prima è ora in mano alla Cina; estrarla costituirebbe una via per conservare una indipendenza energetica. A frenare l’Italia ci pensa, però, la consueta burocrazia. Proprio questo ostacolo rischia di scoraggiare le compagnie private dal proporre iniziative, da cui l’eventuale creazione di tanti nuovi posti di lavoro.
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