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Denuncia senza precedenti su queste auto per emissioni non conformi: mobilità stravolta

Le vetture di questo tipo sembrano una vera truffa. Emettono molta più CO2.
Una nuova denuncia scuote il mondo dell’automotive europeo. Le auto di una categoria molto specifica emettono in realtà quantità di CO2 fino a cinque volte superiori rispetto a quanto dichiarato nei test ufficiali di omologazione. A rivelarlo è un recente rapporto dell’Unione Europea, basato su dati forniti dall’Agenzia europea dell’ambiente, che mette in luce una discrepanza clamorosa tra i valori teorici e quelli rilevati nelle condizioni di guida quotidiana.
Secondo i dati raccolti da sistemi di monitoraggio su oltre 127.000 veicoli di tipo ibrido PHEV immatricolati nel 2023, le emissioni medie di CO2 si attestano intorno a 139 grammi per chilometro, contro i 28 grammi/km indicati nei test di laboratorio. Questo scollamento, che non accenna a diminuire malgrado le rassicurazioni delle case automobilistiche, getta un’ombra pesante sull’effettiva sostenibilità di una tecnologia che dovrebbe rappresentare una transizione verso una mobilità più pulita.
Le ibride plug-in combinano motore elettrico ricaricabile tramite rete e un propulsore termico, benzina o diesel, e rappresentano attualmente l’8,6% delle vendite di auto in Europa nel 2025. Tuttavia, questi dati sollevano dubbi profondi sulla loro capacità di contribuire realmente alla riduzione delle emissioni inquinanti, in un contesto in cui l’UE ha già fissato il 2035 come termine ultimo per la commercializzazione esclusiva di veicoli a zero emissioni.
L’UE sta intervenendo per risolvere il disastro
Per cercare di ridurre il gap tra emissioni reali e dichiarate, Bruxelles ha introdotto i cosiddetti “utility factor”, coefficienti di correzione che adeguano i valori emissivi delle PHEV, con una progressiva inasprimento previsto tra il 2025 e il 2027. Questi strumenti dovrebbero incentivare le case automobilistiche a limitare la vendita di ibride e a spingere maggiormente verso le auto elettriche a batteria, più sostenibili sul piano ambientale.
Tuttavia, la lobby delle case automobilistiche europee si è schierata contro queste misure, chiedendo alla Commissione di abbandonare i nuovi criteri di valutazione più rigorosi. In questo contesto si inserisce la lettera inviata a Ursula von der Leyen da 150 manager del settore auto, che esprimono timori per un possibile rallentamento dell’industria e chiedono di non “frenare sull’elettrico”, ma anche di mantenere una certa flessibilità verso le ibride.

Sotto inchiesta le automobili ibride – www.Mondo-Motori.it
Andrea Boraschi, direttore di Transport & Environment Italia, non lascia spazio a dubbi: “Le emissioni reali delle ibride plug-in sono un vero e proprio enigma sotto gli occhi di tutti. Il divario tra valori dichiarati e quelli effettivi è noto da tempo, ma oggi sappiamo che è ancora più grave di quanto si pensasse. L’industria chiede di chiudere un occhio per ritardare la transizione verso una mobilità realmente sostenibile. La Commissione non deve cedere e deve mantenere i fattori di utilità già concordati”.
Il tema sarà al centro del “dialogo strategico” convocato per il 12 settembre dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che vedrà la partecipazione dei rappresentanti dell’industria automobilistica, di T&E e di altre parti interessate. La sfida sarà quella di bilanciare le pressioni politiche e industriali con l’urgenza di rispettare gli impegni climatici presi dall’Europa, senza compromettere la credibilità della transizione ecologica.
Con il 2035 ormai alle porte, il destino delle auto ibride plug-in è più incerto che mai: da una parte la loro difesa come soluzione di passaggio, dall’altra la necessità di confrontarsi con la dura realtà dei dati ambientali. Un vero banco di prova per le politiche ambientali europee e per la loro capacità di mettere in atto cambiamenti concreti e trasparenti nel settore della mobilità.
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