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Divieto di sosta, si va sul penale in Italia: fate attenzione a Ferragosto
Parcheggio vietato e responsabilità penale: cosa cambia

Il divieto di sosta in Italia assume una dimensione che va oltre la semplice sanzione amministrativa con la possibile responsabilità penale.
Questa importante novità giuridica è stata sancita dalla sentenza n. 26491 depositata il 21 luglio 2025 dalla Quarta Sezione Penale della Suprema Corte.
La vicenda che ha portato a questa sentenza riguarda il proprietario di uno scooter lasciato in sosta vietata su una strada di una località balneare. Il motociclo occupava parte della carreggiata, riducendo lo spazio di transito di circa settanta-ottanta centimetri. Un incidente è avvenuto quando una ciclista, per evitare l’ostacolo, ha spostato la sua traiettoria verso sinistra ed è stata investita da un Ape Piaggio che sopraggiungeva. La donna ha riportato gravi lesioni con prognosi superiore a quaranta giorni.
Il giudice di primo grado aveva assolto il proprietario dello scooter dal reato di lesioni stradali gravi, ritenendo che la carreggiata, seppur ristretta, fosse sufficiente per il passaggio contemporaneo di bici e Ape. Tuttavia, la Cassazione ha rilevato che mancava un elemento cruciale: l’accertamento delle ragioni sottostanti al divieto di sosta in quel tratto stradale, fondamentale per stabilire se la presenza del veicolo parcheggiato avesse creato un pericolo specifico.
La funzione cautelare del divieto di sosta secondo la Cassazione
Con la sentenza, la Suprema Corte ha chiarito che il divieto di sosta non ha solo la funzione di evitare l’intralcio al traffico, ma può rivestire una finalità cautelare, volta a prevenire rischi specifici. Per esempio, in prossimità di curve cieche, dossi o tratti particolarmente stretti, il divieto mira a evitare che un veicolo fermo o parcheggiato riduca visibilità o spazio di manovra, aumentando così il rischio di incidenti.
La Corte ha sottolineato che il giudice di merito non aveva valutato adeguatamente l’ingombro reale del veicolo e lo spazio residuo disponibile, elementi essenziali per definire se la condotta del proprietario dello scooter fosse stata causa concorrente dell’incidente. Questo implica che la presenza di un veicolo in divieto, se contribuisce a creare una situazione di pericolo, può configurare una responsabilità penale concorrente.

La Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione e disposto il rinvio al giudice di merito per una nuova valutazione, con l’obbligo di verificare nel dettaglio le motivazioni dell’apposizione del divieto di sosta e se esso fosse finalizzato a tutelare contro un rischio specifico di sinistri.
Questa decisione rappresenta un importante segnale per tutti gli automobilisti e motociclisti: parcheggiare in divieto di sosta non è più solo un’infrazione amministrativa, ma può comportare una responsabilità penale in caso di incidenti, in particolare se la presenza del veicolo contribuisce a creare una situazione di pericolo. Il comportamento scorretto in materia di sosta può quindi diventare un elemento determinante in caso di lesioni a terzi.
Il principio espresso dalla Cassazione afferma che il divieto di sosta può essere imposto anche per esigenze diverse dalla semplice fluidità del traffico, come la riserva di spazi a categorie protette o la tutela della sicurezza stradale. La mancata osservanza di tale divieto, se causa o contribuisce a un sinistro, non esclude la responsabilità penale del proprietario del veicolo.
Questa sentenza arriva in un momento cruciale, a ridosso di Ferragosto, quando le località turistiche e le zone a traffico intenso vedono un aumento esponenziale delle soste irregolari e dei rischi per la circolazione stradale. L’invito rivolto agli utenti della strada è quindi a una maggiore attenzione e responsabilità nel rispetto delle norme sulla sosta, per tutelare la sicurezza propria e degli altri utenti.
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