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Metalmeccanici, in tantissimi perderanno il bonus fiscale: il motivo

Metalmeccanici, attenzione a questo bonus fiscale: ecco perché in molti potrebbero più non avervi accesso. Cosa sappiamo in merito
Negli ultimi anni, parlare di bonus fiscali non è più una questione marginale per pochi, ma un tema di grande interesse per milioni di famiglie italiane. Dietro quel termine tecnico, che a volte sembra quasi burocratico, si nasconde un sostegno concreto, spesso determinante, per chi fatica ogni mese a far quadrare i conti.
Un bonus fiscale, in parole semplici, è un’agevolazione che consente a cittadini e lavoratori di trattenere in tasca una parte di denaro che altrimenti andrebbe persa in tasse. Può assumere la forma di un credito, di una detrazione o di un’esenzione. Ma al di là delle definizioni, ciò che conta è il fatto che si tratti di un aiuto concreto per chi può beneficiarne.
C’è chi, grazie a un bonus energetico, ha potuto pagare una bolletta che sembrava insostenibile. Chi, con un bonus figli, è riuscito a garantire il doposcuola al proprio bambino. E poi c’è chi ha tirato un sospiro di sollievo con il bonus trasporti o quello affitto. Si tratta di piccoli aiuti che fanno la differenza quando lo stipendio è fermo da anni, mentre il costo della vita continua a crescere e diventare sempre più insostenibile.
Ma non sempre le buone notizie arrivano per tutti. C’è una categoria, quella dei metalmeccanici, che proprio in queste settimane ha scoperto che il bonus fiscale tanto atteso potrebbe non arrivare. E il motivo è tutt’altro che banale.
Il bonus fiscale potrebbe saltare per i metalmeccanici: ecco il motivo
Luglio 2025 porta una notizia in apparenza positiva per i lavoratori metalmeccanici dell’industria, ma allo stesso tempo potrebbe essere una novità che compromette il ricevimento del bonus fiscale.

In busta paga arriva un aumento legato all’adeguamento dell’IPCA al netto degli energetici importati, l’indice che misura l’inflazione “pura”. Si tratta di un incremento del trattamento economico minimo (TEM) pari all’1,3%, previsto dal contratto nazionale di categoria. Una boccata d’ossigeno, dunque, in un contesto economico segnato da rincari e salari stagnanti.
Eppure, quello che per molti sembra un premio, per altri rischia di trasformarsi in una penalizzazione silenziosa ma concreta. A causa di questo aumento, infatti, una parte significativa di lavoratori potrebbe inconsapevolmente superare le soglie di reddito che danno diritto al bonus fiscale, perdendo così l’agevolazione o vedendola ridotta.
Il meccanismo è semplice: il bonus, riconosciuto in misura piena fino a 32.000 euro annui, si affievolisce progressivamente e si annulla del tutto a quota 40.000. Un piccolo scatto in avanti nella retribuzione può quindi determinare un effetto a catena negativo: meno bonus, meno detrazioni, più trattenute.
E l’amara sorpresa potrebbe arrivare non solo già a luglio, ma anche alla fine dell’anno, in sede di conguaglio fiscale. I sindacati da tempo chiedono che gli aumenti contrattuali siano esclusi dal calcolo del reddito fiscale, per evitare che i lavoratori debbano pagare il prezzo di un miglioramento tanto atteso. Ma, almeno per ora, la legge tace.
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